Composta da circa 2.500 opere, la collezione di Ovidio Jacorossi è una “collezione di impresa”. Una collezione dinamica, sfuggente ai classici schemi di storicizzazione, che invita lo spettatore ad una riflessione su nuove prospettive e percorsi culturali.
Il fil rouge che caratterizza la collezione è Roma: la cronologia delle opere attraversa un secolo e va dal 1900 al 2000.
Si parte dai XXV della Campagna Romana, sodalizio artistico nato all’inizio del ‘900 e composto, tra gli altri, da Giulio Aristide Sartorio, Giuseppe Carosi, Filippo Anivitti, Giovanni Costantini e Camillo Innocenti: artisti che possono essere considerati, nella Roma di fine Ottocento, i promotori di una volontà di liberarsi dall’accademismo a favore della pittura dal vero.
I XXV della Campagna Romana ci conducono al secondo nucleo di artisti presenti in collezione e il cui dissenso, sull’onda delle secessioni e separazioni europee, innescò nuove discussioni sul mondo artistico e i suoi meccanismi dando vita nel 1913 alla prima Secessione della capitale. Tra loro Armando Spadini, presente in collezione con diverse e importanti opere, merita una menzione particolare per aver rappresentato un punto di contatto tra la pittura spagnola e francese e quella italiana all’inizio del Novecento. Il suo lavoro rimane il termine di paragone imprescindibile per le successive giovani generazioni romane.
L’ultima Secessione, che ha luogo nel 1916, non vedrà repliche a causa della Prima guerra mondiale di cui sono un’importante testimonianza le grandi tele di Giovanni Costantini, caratterizzate da un realismo crudele e un forte antimilitarismo, appartenenti alla serie Le lacrime della guerra.
Proseguendo, troviamo in collezione numerose opere degli anni Venti e Trenta che, avendo come epicentro Roma, testimoniano le diverse tendenze artistiche sviluppatesi dopo la guerra: Ritorno all’ordine, Realismo magico, Secondo Futurismo, Primitivismo. Tra gli artisti rappresentativi di questa straordinaria stagione dell’arte italiana del Novecento troviamo: Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Arturo Martini, Mario Broglio, Emanuele Cavalli, Francesco Di Cocco, Carlo Socrate, Marino Mazzacurati, Guglielmo Janni, Franco Gentilini, Mario Sironi, Giacomo Balla, Gino Severini, Pippo Oriani, Mario Mafai, Antoniettn Raphaël.
Corrado Cagli, presente in collezione con un nucleo di opere rappresentative dei suoi “periodi” tra gli anni Venti e i Sessanta, si può considerare una “figura ponte” tra la figurazione e l’astrazione e allo stesso tempo un’importante chiave di collegamento con gli Stati Uniti d’America. A lui si possono ricondurre i nomi di altri artisti che ci conducono agli anni Quaranta e Cinquanta e si caratterizzano per le loro ricerche dagli esiti astratti: Toti Scialoja, Ettore Colla, Leoncillo Leonardi, Afro e Mirko Basaldella.
A seguire e centrale nella collezione è la generazione di Mario Schifano, Franco Angeli e Tano Festa, la cui presenza è davvero notevole per numero di opere; a loro si affiancano i nomi di Giosetta Fioroni, Pino Pascali, Renato Mambor, Cesare Tacchi: tutti artisti coinvolti a pieno nella Roma artistica degli anni ’60 e riconducibili ad una tendenza, mai diventata un vero e proprio movimento, denominata “Scuola di Piazza del Popolo”, promossa dal fotografo e gallerista Plinio De Martiis.
Plinio De Martiis, alla guida della galleria La Tartaruga a partire dal 1954, fu uno dei principali animatori della scena artistica romana del secondo dopoguerra e condivise con Ovidio Jacorossi una grande amicizia fatta di complicità, stima e affetto: un rapporto che incise anche sulle acquisizioni fatte nel corso degli anni.
Rappresentanti degli anni Settanta e Ottanta ma attivi fino ai Novanta, sono Emilio Prini e Gino De Dominicis, anch’essi presenti in collezione attraverso un significativo numero di opere. Oltre a Prini, che fu uno dei principali esponenti del movimento dell’Arte Povera, in collezione troviamo anche Luciano Fabro, Giulio Paolini, Joseph Kosuth, Michelangelo Pistoletto.
Controparte del “concettuale” sono la Nuova Figurazione che prese vita tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta, la Transavanguardia e alcune opere della Scuola di San Lorenzo.
Degli Anacronisti, presentati nel 1984 alla Biennale di Venezia da Maurizio Calvesi e Plinio De Martiis, Ovidio Jacorossi acquistò un nucleo pressoché completo: artisti che si richiamavano a un background culturale neoumanistico tipicamente italiano proponendo una “nuova pittura figurativo-concettuale”. Molto importante per gli anni Novanta è la serie di opere di grandi dimensioni di Mario Schifano, commissionate dal collezionista in occasione della riapertura del Palazzo delle Esposizioni di Roma.